Titolo: Libero Arbitrio
Autore: Caterina Armentano
Editore: 0111 Edizioni
Pagine: 196
Data di pubblicazione: 26 Novembre 2010
ISBN: 9788863073287
Prezzo: 15.00 €
Sinossi:
In un paesino della Calabria, un luogo non ben definito, dove lo spazio
simbolico prevale su quello reale, inizia l'intreccio delle vite di
alcune donne che vivono nello stesso condominio. Loro si aiutano, si
odiano, si invidiano, fanno comunella tra loro.
Ogni donna ha una
caratteristica ben specifica: Miriam desidera partecipare ad “Amici”
nonostante abbia superato l’età e digiuna se Gigi d’Alessio tradisce la
moglie. Gianna abortisce di nascosto dal marito perché non desidera più
avere figli. Cosima è convinta di meritare un marito dittatore e crudele
e non si rende conto che sua figlia, adolescente, ha una vita sessuale
attiva e usa spesso la pillola del giorno dopo. Raffaella vive sempre
storie sbagliate perché desidera al più presto sposarsi. Marianna non
accetta le convenzioni di una società che la vorrebbe sposata e accasata
con un ragazzo che lei non ama.
Questi frammenti di vita sono il
contorno della vera storia, raccontata da Rebecca, colei che porta in
seno la maledizione che le fa perdere i figli prima che nascano. Rebecca
narra la vicenda di Ester, la sua migliore amica, colei che vota la sua
vita a un sogno che l’ha travolta e perseguitata per tutta la vita: in
una notte catartica e senza luna, a Ester sembra che le membrane del
tempo si siano squarciate, offrendole la possibilità di sbirciare nel
futuro e consentendole di vedere il volto della sua futura bambina. Ma
si accorgerà ben presto che questa meravigliosa visione resterà ciò che
era, cioè un sogno e che, al contrario, la realtà ha in serbo per lei un
tragico finale.
Come dicevo ieri, credo che spesso siano i libri a scegliere noi e sono fermamente convinta che in questi casi la lettura non ci lascerà mai insoddisfatti. Ma ci sono anche casi in cui siamo noi a scegliere la lettura e, in questo caso, il risultato finale è un terno al lotto.
Questa premessa non per dire che questo romanzo non mi sia piaciuto, ma sono sicura che se lo avessi letto in un altro momento, tra qualche anno magari, o all'inizio dell'anno scorso, le mie impressioni sarebbero state completamente diverse.
Protagoniste di questa storia sono una compagine di donne, più o meno amiche e più o meno imparentate, che vivono in un piccolo paese della Calabria. Ciò che le lega tutte è la maternità: alcune cercano disperatamente di avere figli ma non ci riescono, altre i figli riescono ad averli ma non li vogliono e ricorrono all'aborto.
Tutte si conoscono, tutte si incontrano spesso per le scale del palazzo o a casa di una di loro per parlare, o più spesso, sparlare, di questa o di quella persona. Ma sovente questi ritrovi tra amiche sono anche un rifugio, uno modo per scappare alle continue violenze fisiche e mentali di un marito decisamente despota che pretende di comandare la moglie e di decidere della sua vita.
I temi trattati in queste poche pagine e le vicende narrate sono parecchie e riassumerle tutte toglierebbe in voi il gusto di leggere il libro, ma mi è anche difficile riassumerle perché ho trovato la narrazione un po' contorta: secondo me l'autrice non è riuscita appieno a gestire tutti i personaggi che ha inserito nel romanzo e ha creato parecchia confusione perché spesso non riuscivo a capire chi parlava di cosa e, soprattutto, dove si volesse andare a parare.
E questa era l'analisi oggettiva. Per quel che riguarda l'analisi soggettiva devo ammettere di avere un po' di difficoltà nell'affontarla, perché vuol dire entrare parecchio nel mio privato e personale presente e nel mio passato.
Non condivido il volore un figlio a tutti i costi perché sono convinta che ad un certo punto diventi un capriccio e, quando il figlio arriva, a lungo andare diventa un incomodo da dover accudire per forza e mal volentieri.
La questione dell'aborto è estremamente delicata e credo che nessuno possa giudicare una donna che decide di non dare la vita al figlio che porta in grembo, perché non si avranno mai in mano tutti gli elementi necessari per capire fino in fondo le ragioni che l'hanno portata a questo gesto.
Non sono nemmeno d'accordo su quello che è il leitmotiv sottinteso di tutta la storia e cioè che una donna, per sentirsi realizzata appieno, debba diventare madre altrimenti sarà per sempre menomata e mutilata di una parte vitale di se stessa.
In conclusione questo romanzo ha suscitato in me tante emozioni contrastanti e mi ha offerto molti spunti di riflessione, ma non mi ha convinta fino in fondo, mi ha lasciato un non so che di incompleto e mi ci è voluto parecchio tempo prima di decidermi a scrivere questa recensione perché ho avuto bisogno di riordinare per bene i pensieri.
A volte è un bene, a volte no. Nel mio caso è a metà tra il sì e il no.
Ciao Francesca,
RispondiEliminami dispiace davvero tanto che il libro non ti sia piaciuto ma, com'è per tutti i libri, non può certamente piacere a tutti! Volevo solo sottolineare un paio di cose: prima di tutto il romanzo non è contro l'aborto. Mette in contrapposizione donne diverse con diverse problematiche in periodi di vita molti differenti in cui le scelte delle une cozzano con le altre e capita che fra loro si giudichino molto facilmente ( Rebecca ed Ester lo fanno con Cosima quando questa decide di abortire e Cosima e le altre lo fanno con Ester quando quest'ultima farà il suo "colpo di testa!", chiamiamolo così!)ma ciò non significa che il mio libro sia un testo bigotto che se ne infischia del dolore di chi fa scelte così difficili, non mi permetterei mai. In più il leitmotiv sottinteso non è che le donne per sentirsi complete debbano per forza diventare madri, anzi è tutto il contrario altrimenti non avrei evidenziato il come alcune donne siano delle madri pessime. Il vero messaggio è che tutti i bambini, da qualsiasi luogo provengano, hanno diritto ad avere una famiglia più di quanto un uomo e una donna hanno il diritto di diventare genitori. E, in più, che troppo spesso ci si accanisce per diventare genitore quando invece ci sono molti bambini che necessitano di una guida: adottare un bambino non dovrebbe essere il fine ultimo, l'ultima spiaggia ma un atto d'amore incondizionato. In più, per terminare, volevo sottolineare come spesso i bambini arrivino a noi (adulti) nel momento e nel modo più insolito.
Mi dispiace essermi dilungata ma ci tenevo tanto a dire la mia perché, posso capire che il romanzo non ti sia piaciuto ma il messaggio che voglio inviare è importante e mi dispiace che a te non sia arrivato il motivo per cui è nato il romanzo.