Titolo: I segni d'oro
Autore: Domenico Starnone
Editore: Feltrinelli
Pagine: 144
Prezzo: 6,50
Sinossi: Pensava di insegnare all'università, e si trova a fare il bibliotecario per caso. Dopo un lungo fidanzamento, ha sposato Virginia e si sono trasferiti da Roma al piccolo paese di Montemori, dove lei insegna e lui svolge una non meglio precisata "attività di studioso". Coinvolto dal comune nella preparazione delle celebrazioni per il centenario del fondatore dell'industria locale, comincia a indagare su una fabbrica inquinante e pericolosa, e su amori del passato. Starnone firma un romanzo breve, ironico, ora amaro, ora divertente, in cui si uniscono impegno politico, denuncia sociale, follia d'amore.
Come ogni lettore, in un romanzo cerco "un certo qualcosa".
C'è chi cerca la storia che non faccia pensare, chi spunti per riflettere; chi cerca la magia, e chi il racconto di cose materiali e ordinarie.
Io per esempio cerco una storia che sveli la poesia del quotidiano.
Io leggo, e mi chiedo: che cosa vuole dirci l'autore? Vorrà ben dirci qualcosa, no, mica è qui solo per raccontare e basta, ogni favola, ogni fiaba, ogni aneddoto deve arrivare ad un punto.
Cosa vuole dirci Domenico Starnone con questo romanzo?
Io non l'ho capito!
C'è un po' di critica sociale, sulla burocrazia che si lascia corrompere nelle piccole come nelle grandi cose; c'è l'industrializzazione. C'è il racconto di un matrimonio come tanti, e di un tradimento come tanti. C'è la frustrazione dell'uomo comune, magari un po' in crisi data la mezza età, che non contento del procedere della propria vita si lascia andare al lamento.
Insomma, tanti argomenti toccati solo in superficie. Non delicatamente: proprio in superficie.
E poi... ma quanto è insopportabile il protagonista????
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