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lunedì 24 settembre 2012

"Trilogia della città di K.", Agota Kristof





Titolo: Trilogia della città di K.
Autore: Agotha Kristof
Editore: Einaudi
Pagine: 379

Sinossi:  Seconda Guerra Mondiale, un luogo imprecisato nell' Est Europa. Klaus e Lucas, gemelli inseparabili, vengono affidati dalla madre alle cure della nonna, una vecchia che abita in un paesino di frontiera:  avida, avara, dedita all' agricoltura e al commercio, chiamata in paese "la strega" e sulla cui testa pende un' accusa ormai lontana nel tempo, un' accusa di omicidio.
 Tra privazioni, cattiveria e aridità, i due crescono ed entrano in contatto con gli aspetti peggiori del conflitto. Quando se ne presenta l'occasione, Klaus scappa attraverso la frontiera, Lucas resta a casa della nonna. Una vita all'insegna dell' attesa del ritorno del fratello, appena movimentata dalla frequentazioni di alcuni personaggi le cui vite hanno del surreale.
Nell' ultima parte, Klaus fa ritorno al paese. Ma i ruoli si ribaltano, si confondono, in un gioco di specchi, di scatole cinesi, il lettore cade nel dubbio. Quanto ci si può fidare della voce narrante? Le cose sono andate proprio così?


Uno dei libri più contorti e affascinanti che mi siano capitati a tiro, potete giurarci.
Il romanzo si compone di tre parti -  Il grande quaderno, La prova, La terza menzogna -  scritti e pubblicati in anni diversi, in un periodo compreso fra il 1986 e il 1991.
Due parole sullo stile.
Dialoghi molto brevi e concisi, scrittura lucida e priva di sentimentalismi, a tratti quasi "asettica". Le peggio cose vengono raccontate senza mezzi termini, le parole sono come pugnalate.
Due parole sull' atmosfera.
Un senso di chiusura, di mancanza di speranza, di dolore perenne sulla testa dei lettori.
Due parole sul RESTO.
Il resto... Il resto... Come definire il resto? Finzione e menzogna dominano gli ultimi i capitoli, dove si ribaltano i ruoli, si confondono le carte, affiorano mille dubbi sul racconto precedentemente letto, sull' identità della voce narrante, sugli eventi accaduti. Il trionfo dello sconcerto.
Esistono molti pareri a riguardo, è ancora aperto il dibattito sull' interpretazione del romanzo, che via ssicuro, merita sul serio.
Avvertenza al navigante: non è il genere di romanzo adatto a chi cerca la spensieratezza. Vi lascerà ogni tipo di dubbio, e molto probabilmente finirete come il 95% delle persone che l'hanno letto, i quali  RILEGGONO il finale più volte e poi passano il tempo a molestare altri lettori per tirare una conclusione e mettersi l'anima in pace.

Un' analisi molto ben fatta, molto lucida e ragionata la potete trovare qui:
http://www.paricenter.com/library/papers/virginia02.php



4 commenti:

  1. Ecco, io quello che tu chiami "asettico" l'ho trovato talmente prepotente che m'ha sfiorato il sospetto che uno stile del genere sia un po' troppo povero per chiamarlo addirittura stile. Il conciso che diventa lapidario, il non sentimentalismo che diventa antartide, quei dialoghi ospedalieri, insomma non m'aveva convinto del tutto. Così ho lasciato passare un po' di tempo e mi son ridata una chance con Ieri. È stato ancora peggio. Diciamo che sono una di quelle eccezioni che confermano che per la maggior parte delle persone la Kristof sia invece una grande scrittrice. Per fortuna de gustibus ecc ecc :)

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  2. Il termine asettico è decisamente appropriato quando si parla di Agota Kristoff...lessi questo libro senza sapere cosa mi trovassi di fronte e ne rimasi spiazzata e impressionata...ovviamente in maniera positiva. Grande libro che consiglio spesso anche io...

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  3. Anche io, come Strawberry, ho cominciato la lettura senza sapere nulla della trama. Quindi l'effetto è stato doppiamente spiazzante!
    Ti dirò, NoceMoscata, ripensandoci un po', credo che se tutte e tre le parti del romanzo fossero state scritte nello stesso modo, probabilmente avrei avuto anche io dei dubbi forti sullo "stile non stile", sui "dialoghi ospedalieri" ( espressione che centra il punto!). Ma una parte sola, in contrasto con le altre due...E' certamente un po' artificioso, ma lo trovo azzeccato, così ruvido, doloroso.

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  4. Devo dire che è molto ispiroso! Sembra di sicuro particolare e intrigante. Direi che vola dritto in wishlist ;)

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